Una riflessione per i GD Lombardia
In seguito ai risultati delle elezioni amministrative è riemerso nel dibattito politico del PD un argomento da molto tempo sommerso dalla dinamica quotidiana fatta di cronaca e di campagne elettorali. I risultati delle amministrative, soprattutto i due casi principali e più eclatanti (le sconfitte di Roma e Torino maturate per mano del Movimento 5 Stelle) rimettono al centro il tema della (mancata) rappresentanza delle “periferie” da parte del Partito Democratico e nelle analisi più critiche viene addirittura lamentata una mancata presenza.
Un dibattito interessante e utile se analizzato nel merito e non lasciato alla semplice lamentela sulla situazione esistente come in alcuni casi sta accadendo. Penso che agli sfoghi di questi giorni (“il PD si è dimenticato delle periferie”, “i twit di Renzi non arrivano in periferia”, “non sappiamo più ascoltare il disagio sociale” ecc…) debba seguire un’analisi e conseguentemente un mutamento dell’azione politica quotidiana (lo dico a prescindere dalla direzione di questo mutamento), altrimenti queste giuste enunciazioni del problema rischierebbero di cadere nel vuoto, se dopo qualche settimana di agitazione si tornasse a lavorare (o a non lavorare) esattamente come si faceva prima.
Su l’Unità tra interventi e interviste negli ultimi giorni si sono espresse sull’argomento alcune figure importanti della storia che ha dato vita al PD, mi permetto di consigliare alcune di queste analisi: Alfredo Reichlin (http://www.unita.tv/opinioni/il-forte-segnale-dalle-elezioni/), Franco Marini (http://www.unita.tv/opinioni/mai-come-oggi-serve-un-pd-che-funzioni/), Mario Tronti (http://www.unita.tv/interviste/basta-parlare-di-verdini-per-battere-grillo-il-pd-riscopra-il-conflitto-parla-mario-tronti/), Emanuele Macaluso (http://www.unita.tv/interviste/macaluso-la-sinistra-non-si-ricostruisce-senza-dar-battaglia-nella-societa/).
Figure che forse per varie ragioni riescono ad uscire dalla furia distruttiva del circo mediatico nel quale è immersa la politica moderna (fatto di talk show, home page di quotidiani online, twit, dichiarazioni per i lanci d’agenzia, interviste in cui si chiedono teste o in cui si difendono le stesse) che distrugge sistematicamente ogni possibilità di andare oltre le accuse reciproche e concentrarsi tutti assieme su quali possano essere le trasformazioni da apportare al Partito per andare avanti lavorando più efficacemente.
Il filo conduttore degli interventi sopraelencati è la presenza conclamata del disagio sociale e la presunta o evidente (questo dipende dall’opinione che si ha) incapacità attuale del PD, dei suoi esponenti (“dirigenti”, “quadri”, chiamateli come preferite), di capirli e di starci in mezzo. Tutti e quattro non mettono in discussione il ruolo di Renzi alla segreteria del PD e al governo del Paese, a mio avviso giustamente, troppo spesso il nostro dibattito si è concentrato su formalità, come la coincidenza del segretario col (candidato) premier, o sui nomi dei leader, nella convinzione effimera che basti cambiare capo, o trovare una formula (magica?) organizzativa per risolvere un problema che in realtà, purtroppo, risulta essere molto più profondo ed ha a che fare con l’attività quotidiana, le abitudini consolidate e il lavoro di lungo periodo che si mette in campo. Nel dibattito tra chi dice che è colpa di Renzi e chi dice che già prima il Partito non rappresentava i deboli e non stava nei luoghi del disagio preferisco non schierarmi, non per ignavia, ma perché penso sia un dibattito che non ci porta da nessuna parte, mi piacerebbe di più assistere al dibattito su come invertiamo la tendenza politico-sociale ancor prima che elettorale.
In questo quadro credo che i GD debbano interrogarsi e fare un ragionamento, su questo vorrei che discutesse la nostra unione regionale, nella giornata di sabato (dedicata alla giovanile) e nella prossima direzione regionale (convocata per il giorno seguente), senza la presunzione di poter cambiare radicalmente le cose dal basso e in maniera isolata, senza la stupidità di pensare che dipendano da noi le sorti del PD (anche solo a livello regionale). Mi piacerebbe però provare a discutere per capire se siamo anche noi parte dei problemi che ha il PD o invece possiamo essere un contributo (umile) alla risoluzione degli stessi. Facciamo bene il nostro lavoro (e quale è il nostro lavoro?) e quindi passiamo il nostro tempo a ragionare sui problemi (contingenti e strutturali) che affrontiamo come giovani cittadini che studiano, cercano un lavoro e vogliono anche divertirsi oppure usiamo la giovanile per crearci una vita parallela dove giocare a fare la guerra interna magari riproducendo in maniera non eccezionale puntate di serie TV sulla politica? La degenerazione dei “grandi” non ci ha contaminato? I nostri gruppi dirigenti non sono formati da esigenze politiche e organizzative o sono gonfiati per dare medaglie di latta a chi ne ha bisogno? Le scelte delle persone che devono farne parte sono figlie dell’impegno profuso e delle competenze oppure scegliamo sulla base della comodità o della simpatia? Non avete la sensazione che a volte anche al nostro interno si pensi al raggiungimento del potere (presunto) come un fine e non come un mezzo? Vi è mai capitato di vedere persone che prima si vogliono candidare e poi pensano ai programmi migliori per prendere voti, e non, magari, prima pensare a cosa servirebbe alla città, al quartiere, alla scuola, all’università e quindi poi portare avanti quelle rivendicazioni candidandosi?
La voglia di stare nei luoghi dove è più difficile stare, quelli dove si può vincere e si può perdere, e magari quelli dove vittoria o sconfitta sono imputabili principalmente a noi e non facilmente scaricabili su adulti sotto la cui ala protettrice ci siamo accomodati, ce l’abbiamo?
Penso che ci sia bisogno di fare onestamente questa discussione. Io credo anche, con un cauto ottimismo, che dentro di noi ci siano per la quasi totalità persone appassionate che hanno voglia di intraprendere una sfida difficile, quella di provare ad essere da esempio nel nostro piccolo per chi in questo momento ha in mano le redini del PD, ma che troppo spesso queste energie siano sprecate ad occuparci di altro per colpa di meccanismi che vanno abbattuti e che se non saremo in grado di abbattere al nostro interno sarebbe poi ipocrita chiedere al PD di farlo.
Se vogliamo un PD che sappia stare più sui problemi reali e nei luoghi più difficili dobbiamo provare concretamente ad invertire la tendenza anche noi. Non è una passeggiata, non si fa in due settimane e nemmeno in due mesi, ma bisogna rendersi conto della situazione e cominciare a fare le cose diversamente. Sappiamo tutti che è più facile passare il tempo nelle riunioni del PD a farci dire “Bravi!” dai militanti del partito, esercitando la nostra retorica universitaria, rispetto a provare a convincere un nostro coetaneo a fare politica. Di questi tempi è più facile diventare segretario di un circolo piuttosto che far partire un’associazione studentesca nelle scuole della tua città, ma siamo arrivati al punto che dobbiamo provare tutti a mettere il nostro impegno nelle battaglie più difficili ed essendo le nostre forze numeriche abbastanza limitate dobbiamo smettere di pensare che sia compito di altri. Un famoso motto ultras dice “ultras nella vita non solo durante la partita”, traslata alla politica mi verrebbe da dire che bisogna essere militanti nella vita non solo durante le riunioni. Altrimenti non siamo un’organizzazione politica, ma un insieme di persone che si ritrovano felicemente partecipando a riunioni.
Da qui bisogna partire, dai problemi reali che affrontiamo nella vita, e che vivono in maniera ancora più problematica i nostri coetanei più in difficoltà, mi permetto di fare solo alcuni esempi (premettendo che mi potrei dimenticare di tante cose rilevanti, sta alla nostra discussione allargare il campo delle questioni da affrontare): viviamo in una regione dove il trasporto pubblico in 5 anni è aumentato talmente tanto da diventare in alcuni casi un lusso, il diritto alla studio per le famiglie meno abbienti è diventato un miraggio dopo anni di tagli della giunta Maroni per mano dell’assessore Valentina Aprea, il declino di alcuni comparti del settore secondario ha portato al sostanziale raddoppio della disoccupazione nella nostra regione e la perdita di settori produttivi rende ancora più difficile la ricerca di lavoro per i nostri coetanei meno qualificati, così come il job placement universitario presenta uno spread enorme nell’efficacia tra atenei pubblici e atenei privati. Sta a noi analizzare questi problemi ed aiutare il PD nell’impegno sulla battaglia regionale per il trasporto pubblico, per dotarsi di una proposta avanzata sul diritto allo studio, per mettere al centro della propria azione le politiche industriali ed accelerare la riforma dei centri per l’impiego per renderli più efficaci al collocamento dei disoccupati. Buona parte degli argomenti inizieremo ad affrontarli domenica alla festa regionale.
Dal punto di vista organizzativo infine bisogna provare a sforzarsi nel concentrare il nostro tempo sul radicamento nelle scuole superiori, nelle università, e nell’impegnare i nostri circoli sul coinvolgimento di nuove persone sui territori provando ad affrontare anche i piccoli problemi, come la mancanza di luoghi di aggregazione e servizi per i giovani dei piccoli comuni. Dobbiamo far entrare nuove persone al nostro interno, soprattutto se meno politicizzate di noi, smettere di pensare che sia meglio essere in pochi ma buoni (che poi quel “buoni” sarebbe tutto da dimostrare). Allo stesso tempo bisogna insegnare a chi è da più tempo con noi quali siano le direzioni su cui concentrare il nostro impegno e chiedere a chi formalmente ha ruoli e incarichi di prendere quell’impegno sul serio dando il massimo perché è dall’impegno nostro che deriva la passione e l’impegno dei militanti.
Il lavoro che abbiamo davanti è duro ma darà soddisfazioni, ne sono convinto. Non lo facciamo per noi, per le nostre ipotetiche carriere individuali, ma per gli altri e questa è la migliore risposta all’anti-politica.